Storia del Comune

Cenni storici del Comune di Colognola ai Colli

Descrizione

LA STORIA

L’opinione degli storici e dei dilettanti che si sono cimentati con i trascorsi del paese è concorde sull’origine del toponimo: deriva dal latino “coloniola“, piccola colonia. Piccola colonia perchè nella futura Colognola, in età presumibilmente posteriore al 148 a.C., si stabilirono i veterani dell’ XI legione Claudia Pia Fedele.

 

Lo stanziamento dei veterani nella zona di Colognola, secondo la moderna storiografia, è legato alla presenza della Via Postumia, strada a carattere militare in territorio straniero, voluta da Roma e realizzata dal Console Spurio Postumio Albino a partire dal 148 a.C..

Colognola può essere nata come “vicus” romano intorno all’anno 100 a.C. da uno stanziamento militare posto a protezione di questa arteria che collegava Genova ad Aquileia e a presidio contro le incursioni di Cimbri e Teutoni. La procedura utilizzata dai Romani per i loro insediamenti prendeva il nome di “centuriatio”: suddivisione razionale e programmata del terreno in centurie (quadrati di 710 metri di lato), ciascuna bastante a soddisfare le assegnazioni per cento veterani. La romanità  impresse orme profondissime a Colognola, ove è stata rinvenuta la più ricca documentazione di tutta la Val d’Illasi: iscrizioni di vario tipo, ruderi di una villa rustica, frammenti di epigrafi, fibule e cocci, tombe, cippi e miliari. Particolarmente significativi a testimonianza della antica centuriazione sono i due cippi gromatici situati a Pieve, l’iscrizione votiva dell’edicola ad Apollo e la dedica a Mercurio.

Tra il V e VI secolo, in piena epopea Mariana, sorsero le prime cappelle – oratorio di modeste dimensioni e successivamente su di esse la “Pieve” dedicate al Santissimo nome di Maria, in ossequio ad una usanza devozionale di espressione Carolingia. Intorno al mille a Pieve di Colognola, lungo il tracciato della Via Postumia, il piccolo oratorio sorto sulle rovine del tempio di Mercurio divenne Santa Maria della Pieve. Della presenza e vitalità dell’attuale chiesa “plebana” si ha notizia nella Bolla “Piae postulatio” data a Viterbo nel 1145 da Papa Eugenio III.

A seguito delle invasioni barbariche, dopo il 1000, si incontrano tra la popolazione di Colognola gruppi che “professano” leggi diverse (romana, salica, longobarda). Nell’alto Medioevo a difesa di Colognola fu eretto “un nobil e grande castello” che fu anche simbolo dell’autodeterminazione della popolazione quando Colognola divenne Comune. Nel 1231 il podestà di Verona Guido da Rode per punire le genti che si erano ribellate alla città , mosse alla volta di Colognola e ” condannò a fil di spada quel povero popolo, abbandonò la rocca e le case al furore del ferro e del fuoco che le distrusse dal fondo”. Dopo la distruzione del castello Colognola passò sotto il dominio della Signoria Scaligera, entrò a far parte del Distretto Veronese, sede di un importante Vicariato rappresentante l’autorità dei Visconti prima e della Serenissima poi e soggetto alla giurisdizione del Conti Nogarola e successivamente dei nobili Priuli.

 

Nel 1630 Colognola conobbe la peste, “il mal contagioso”, diffuso in Italia dai Lanzichenecchi: questa epidemia dimezzò la popolazione che passò da 2172 abitanti dell’anno 1630 a 1083 abitanti dell’anno successivo.

Colognola, fedele al patto sancito con la “Bolla d’oro” del 16 luglio 1405, rimase sotto il vessillo di San Marco fino al trattato di Campoformio del 1797. Tra la fine del XVIII secolo e i primi decenni del XIX Colognola divenne punto strategico conteso tra l’Austria e la Francia, mentre Venezia non poteva impedire che i suoi territori diventassero campo di battaglia per gli eserciti stranieri. I Colognolesi passano da una dominazione all’altra fino all’ annessione al Regno d’Italia del 1866: ” alle ore 13 si cantò il “Te Deum”, dopo di che il popolo andò alla Casa Municipale a votare, agitando la bandiera italiana, tra suoni e canti. Da ogni contrada si sentiva il grido entusiastico e solenne “Evviva l’Italia”. Il 10 marzo dell’anno successivo furono indette le prime elezioni politiche ed il 1° maggio 1867 il Comune assunse la nuova denominazione Colognola “ai Colli”, in conformità alla deliberazione del Consiglio Comunale.

Nel 1881 la Giunta Comunale di statistica e quella Municipale deliberavano di dividere il Comune in cinque frazioni: Monte e Villa (nell’ultimo quinquennio Capoluogo), San Vittore, San Zeno e Cadellara. Con il censimento del 1931, fu istituita anche la frazione di Stra’.

Gli ultimi decenni del secolo e i primi del novecento registrarono un progressivo evolversi della vita civile e l’istituzione di nuovi servizi sociali. (Stazione Carabinieri, ristrutturazione del Comune, magazzino del Tranway, Ufficio Postale, Scuole, acquedotto …) Nel 1915 furono chiamati alle armi i cittadini idonei; alla fine della guerra risultarono deceduti sul campo o per cause dirette 72 cittadini Colognolesi. A ricordo del loro sacrificio furono eretti due monumenti:nel 1923 a San Vittore e nel 1925 a Monte. In epoca fascista furono istituiti nel Paese gruppi di “Piccole Italiane”, “Giovani Italiane” e di “Balilla” e “Avanguardisti” “allo scopo di ottenere che la nostra gioventù cresca ispirata ai sani principi dell’amore e della devozione all’Italia”.
Al termine del secondo conflitto mondiale, 29 concittadini figuravano nella lista dei militari dispersi in guerra e 23 in quella dei caduti. Il 2 giugno 1946 anche i cittadini di Colognola ai Colli vennero chiamati a scegliere, attraverso un referendum, tra Monarchia e Repubblica. La maggioranza della popolazione scelse la Repubblica. A partire dagli anni 1947 – 1948 con la vita politica amministrativa si avvia lo sviluppo economico e si assiste ad un graduale potenziamento delle opere civili a servizio dei cittadini. Le risultanze amministrative dei conti consuntivi, dopo molti decenni di persistente disavanzo, chiusero nell’esercizio finanziario 1955 con l’avanzo di amministrazione di Lire 6.342.976 ” sicuro indice rilevatore di serietà e certezza delle cifre impostate in sede di previsione”. Dopo gli anni duri dell’immigrazione stagionale, si arriva agli anni del “miracolo italiano” che investe anche Colognola ai Colli, trasformandola da “villaggio rurale” in una delle zone più vivaci dello sviluppo industriale. La costruzione della Z.A.I. e di altre aziende e l’edificazione di nuovi insediamenti cambiano alcuni aspetti del paesaggio, l’assetto occupazionale e sociale del Paese da sempre caratterizzato prevalentemente dall’amore per la terra.


Tracce e passaggi per 50 milioni di anniUn percorso per riscoprirle.

Il nostro percorso inizia al bivio/semaforo dell’abitato di San Zeno, 108 m s.l.m.: dove oggi sfrecciano automobili, autobus ed autocarri, arrancava fino al 1957 il tram elettrico della linea Caldiero/Tregnago, “nipote” del tram a cavalli inaugurato nel 1881. Quest’ultima data ci sembra ormai remota perché sono state tali le trasformazioni tecnologiche e sociali avvenute, che il luogo rischia di sembrarci un paesaggio “senza tempo”. In realtà questo nucleo abitato, già centro militare al tempo dei Longobardi, ha restituito tracce di una necropoli del VI secolo a.C. riferibile ai Veneti antichi.
Osservata l’architettura neoclassica della chiesa (eretta nel 1770 su un antico oratorio), svoltiamo a destra (Via Ceriani) fra una doppia fila di case: al civico “numero” notiamo una preziosa edicola (sec. XVIII-XIX) con scolpiti la Madonna con il Bambino e col S. Giovannino, un tema di religiosità popolare già raffigurato (inizi sec. XVI) nei dipinti di Leonardo da Vinci.
La strada prosegue verso est, inoltrandosi nel paesaggio agrario, abbandona il fondovalle e si inerpica fiancheggiando villa Vanzetti col suo mosaico di edifici e col parco di alberi ultracentenari (come i cedri del Libano).
A metà versante, l’asfalto lascia il posto allo sterrato (le strade erano tutte così fino a circa 70 anni fa!), mentre nel paesaggio collinare affiorano progressivamente gli elementi del geomosaico locale: i calcari eocenici e i tufi vulcanici che ricoprono (più a nord) gli strati della Scaglia Rossa, un puzzle di rocce risalenti ad epoche comprese fra 90 e 35 milioni di anni fa circa.
Dopo un’ultima semicurva a strettoia, ci affacciamo su un valico verso la valle di Cazzano: siamo a Bocca Scalucce, 178 m s.l.m. , un particolare mosaico geomorfologico modellato fra i calcari della media dorsale (a sinistra, verso nord) e le rocce vulcaniche (tufi basaltici) che ne costituiscono la parte sud (da Monte Nanfre a Borgoletto).
Risaliamo a sinistra: subito dopo, i calcari affiorano sulla strada di dorsale che sale verso il castello di Illasi. Sul lato sinistro ci troviamo ora affacciati sulla Val d’Illasi: se ne percepisce il fondovalle piatto originato da imponenti depositi alluvionali, derivati dallo scioglimento delle lingue glaciali che, fino a 20.000 anni fa circa, occupavano, a nord di Giazza, l’alta valle. Proseguendo, incontriamo sul lato destro della strada dei tratti di marogne (muretti a secco) costruiti in pietre calcaree biancastre: su alcune di queste si osservano strane forme stratificate. Sono i resti fossili delle nummuliti, organismi marini lenticolari che vivevano in grandi colonie sui fondali non molto profondi che, circa 50 milioni di anni fa, occupavano questa zona.
Poco più avanti, gli stessi fossili occhieggiano sciolti fra le argille rosse dei campi (loc. Macia del Vento): sono i scheeti, piccoli “soldi di pietra” della tradizione popolare. Affacciandosi sulla valle di Cazzano scopriamo che questa è molto più profonda della parallela valle di Illasi, appunto perché  il torrente Tramigna, diversamente dal progno di Illasi, non fu mai alimentato dalla fusione di ghiacciai.

Ritorniamo verso Colognola, non prima di aver dato uno sguardo, sull’ultimo orizzonte nord verso Giazza, al profilo del Carega, solo per ricordarci che il paesaggio geologico in cui ci troviamo è un mosaico “esteso per 200 milioni di anni” circa, tanto quanto l’età delle più antiche rocce veronesi, quelle delle cime più alte.

Riattraversato il valico di Bocca Scalucce, osserviamo che su questo lato meridionale emergono solo rocce nerastre: sono i resti di grandi effusioni (non eruzioni) vulcaniche sottomarine avvenute fra 55 e 30 milioni di anni fa, quando nei fondali di allora il magma defluì da profonde fratture della crosta terrestre, qui come nelle attuali aree del colle di S. Briccio e della Rocca di Caldiero. 

Ripresa la strada verso sud, poco dopo costeggiamo una grande muraglia di sostegno dei terrazzamenti, sintesi delle trasformazioni ambientali avviate già dagli agricoltori di 5000 anni fa. Poco oltre, imbocchiamo, a destra, un sentiero che ci conduce verso nuovi coltivi: fra questi terreni vulcanici affiorano numerosi frammenti di ostriche fossili, tracce sorprendentemente integre degli antichi fondali marini in seguito sconvolti dal vulcanismo.
Rientrati sulla via principale e giunti a Borgoletto (forse dal tedesco burglehn, cioè “abitazioni intorno al castello”), giriamo a sinistra verso Monte Casteggioni, cui si arriva proseguendo lungo la strada per S. Vittore/Soave. A lato della Pizzeria Panoramica svoltiamo a sinistra e, dopo una breve salita, siamo già a Monte Casteggioni, un’altura formata da basalti vulcanici, sede di un avamposto fortificato altomedievale (sulla motta, il monticello che si eleva sul lato nord del colle?). Circa 30 anni fa su questa altura emersero, durante gli scavi edilizi, le fondazioni di numerose case seminterrate: scavi archeologici e la raccolta di numerosi frammenti di vasi hanno confermato che questo colle fu abitato già 3.000 anni fa circa. Nel IV secolo a.C. fu sede di un importante villaggio, forse difeso da cinte di muri a secco; in quegli stessi secoli altri abitati sorgevano sul colle di S. Briccio e sulla Rocca di Caldiero. I reperti rinvenuti ci parlano di una società di allevatori (ovini, bovini e maiali) e di orticoltori (orzo, miglio e legumi).
Forse la tradizionale coltivazione dei piselli (l’omonima sagra si celebra in maggio dal 1957) affonda le sue radici non solo nella fertilità dei soleggiati terreni vulcanici, ma anche in quei primi orti. Pare invece che la caccia (a cinghiali e cervi) non fosse molto praticata. Il vasellame d’uso era probabilmente prodotto sul luogo; vi si praticava inoltre la tessitura della lana, ma anche attività fusorie del bronzo e la lavorazione del corno di cervo. Del resto il rinvenimento di incisioni alfabetiche (di tipo retico) su frammenti di vaso, ci parla di una società complessa probabilmente già articolata in professioni e caste, simile a quella raffigurata a sbalzo sui preziosi secchi di bronzo rinvenuti nelle contemporanee necropoli di Este.

Una breve passeggiata fra le villette ci permette di affacciarci all’estremità sud/est del colle: là dove ora, ai piedi del Monte Bissone, scorrono la strada statale e l’autostrada, nel 148 a.C. i legionari romani fecero passare (quasi in riva all’Adige antico) la Via Postumia, prima grande strada che congiungeva Genova ad Aquileia passando per Verona. Poichè il percorso attraversava regioni non del tutto conquistate, anche in questa zona fu insediata una guarnigione militare, cioè una piccola colonia (coloniola). Così i piccoli abitati protostorici di M. Casteggioni e S. Zeno divennero il vico Colonias (855 d.C.), poi il paese medievale di Coloniola (1001 d.C.), ed infine Colognola (1213 d.C.).
Ritornati verso Monte, passiamo dal piazzale della chiesa parrocchiale (sec. XV- XVII), dedicata ai SS. Fermo e Rustico, sia per spaziare sul panorama che per osservare la splendida croce (con scolpiti i simboli della Passione) del 1772 (foto in alto). Quest’area sommitale ha restituito tracce sia romane (es. un’ara, dedicata a Diana Lucifera e alla Luna, oggi conservata al Museo Maffeiano di Verona), sia dell’originaria chiesa gotica; frammenti architettonici e uno stemma comunale (datato 1558) sono murati sulla facciata della chiesa.
Scendiamo quindi per la grande scalinata fino alla sottostante Piazza Roma: la merlatura del muro di cinta di Palazzo Cavalli-Peverelli (civico 2) E’ ritenuta traccia residua del castello esistente già nell’XI secolo (era feudo dei conti Nogarola) e distrutto dalle milizie comunali veronesi nel 1231.

Proseguendo infine a destra e scendendo per l’acciottolato di Via Mezzomonte, si raggiunge la frazione di Villa: in quest’area pedemontana si accamparono i veterani della XI Legione Claudia, dando origine, quasi 2000 anni fa, alla Coloniola. In questa zona (area di Villa Fano) fu ritrovato (1819) un frammento marmoreo con dedica al dio Silvano. Tuttora si può ammirare un’altra croce marmorea del 1769 simile a quella prima osservata a Monte. Da qui due strade riportano a S. Zeno.

Ultimo aggiornamento: 24/04/2024, 12:59

Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?

Grazie, il tuo parere ci aiuterà a migliorare il servizio!

Quali sono stati gli aspetti che hai preferito? 1/2
Dove hai incontrato le maggiori difficoltà?1/2
Vuoi aggiungere altri dettagli? 2/2
Inserire massimo 200 caratteri